Armi, la lucida follia dei produttori può trovare coperture politiche decisive- l’Unità 25.02.02
Caro Cancrini,
inviamo a te e a molti altri un appello su cui piacerebbe aprire un dibattito serio.
«Ritornano i mercanti di morte: appello ai parlamentari»
Il Parlamento italiano sta discutendo un disegno di legge d’iniziativa governativa (Atto Camera
1927) in materia di industria della difesa. Il progetto prevede la ratifica dell’accordo quadro sottoscritto dall’Italia e da altri cinque paesi europei il 27 luglio 2000 per «facilitare la ristrutturazione e le attività dell’industria europea per la difesa» ed è stato già licenziato dalle Commissioni III e IV della Camera dei deputati in data 30 gennaio 2002. Tale accordo imporrebbe il tempestivo adeguamento della nostra normativa» e infatti dieci dei quattordici articoli che compongono il testo proposto sono volti a modificare la legge n. 185 del 1990 che disciplina attualmente l’import-export di armi nel nostro paese. La novità più rilevante è costituita dall’introduzione di un nuovo tipo di autorizzazione per il commercio delle armi, la
«licenza globale del progetto», riferita ai programmi intergovernativi o industriali congiunti ai quali le imprese partecipano e ai quali non si applicheranno più le norme sulle trattative contrattuali, rendendo meno trasparenti e controllabili tutte le operazioni. Anche se norme sulle attività bancarie relative a questo nuovo tipo di «licenza globale» verranno modificate, non essendo più notificate al ministero del Tesoro e da
questo autorizzate, e non comparendo più nello specifico capitolo dell’annuale Relazione al Parlamento.
In questo modo, in nome della «razionalizzazione», della «competitività» e della «identità europea» verrà stravolta una legge ritenuta da tutti «severa e rigida» e che ha fatto nel nostro paese uno dei più avanzati al mondo per aver provveduto a regolare il commercio delle armi nel rispetto dei diritti umani, della promozione della pace e della trasparenza. Ricordiamo che quella legge fu ottenuta grazie all’impegno tenace della «Campagna contro i mercanti di morte» (Acli, Mlal Mani Tese, Missione Oggi, Pax Christi).
Anche i riferimenti al «Codice di condotta dell’Unione Europea per le esportazioni di armi (che non è assolutamente vincolante) costringerebbe l’Italia a rinunciare alla propria normativa nazionale che in questo verrebbe peggiorata.
Troviamo peraltro paradossale che mentre da un lato si vuole combattere una guerra totale contro il terrorismo, dall’altro si allargano le maglie del controllo della vendita delle armi con tutti i rischi che ne conseguono.
Chiediamo pertanto ai parlamentari di votare contro questo disegno di legge che costituisce un passo indietro per la pace e la giustizia.
Chiediamo che l’Italia si faccia promotrice a livello internazionale di un’iniziativa volta a una maggiore severità nel controllo del commercio di armi e di un maggiore impegno nella prevenzione dei conflitti.
Tu cosa ne pensi?
Penso che non posso non provare, di fronte a questo appello, un senso di stanchezza e di paura. Di stanchezza perché la battaglia che qui si combatte è la stessa combattuta ormai tanti anni fa, su cui non pensavo si dovesse tornare.
Di paura perché la follia lucida dei produttori e dei trafficanti di armi sembra in grado di trovare di nuovo coperture politiche decisive. Coperture cui la lobby degli armamenti fa sempre seguire regali in denaro, da noi come da Bush, che ha almeno indicato pubblicamente l’associazione dei produttori di armi fra i finanziatori della sua campagna elettorale. Copertura che apre regolarmente una spirale non controllabile di violenza nei paesi in cui le armi vengono vendute: destinata a tornare come un boomerang (il terrorismo) nei paesi in cui esse vengono prodotte.
C’era una volta Carlo Palermo. Inseguendo un po’ per caso, da un piccolo Tribunale, la pista della mafia
turca, incrociò un traffico internazionale di armi e droga. La Bulgarian Connection di cui qualche anno più tardi parlarono gli esperti dell’Onu era sicuramente nota da tempo alla Cia e al Kgb perché trafficare cannoni e armi da guerra non è un gioco da bambini e perché i destinatari del traffico erano quelli utilizzati, ai tempi della guerra fredda, per conflitti di teatro destinati soprattutto a rendere più solidi e
vincolanti i rapporti fra le due superpotenze ed i loro satelliti (rappresentanti) periferici. La necessità di
vendere armi ai paesi «poveri» nel momento in cui nuove armi più sofisticate venivano costruite nei paesi «forti» era comune, allora, ai paesi della Nato e a quelli del patto di Varsavia. Il fatto che chi comprava armi pagasse in droga, direttamente o indirettamente, non era un problema per nessuno in quel periodo
ed a quel livello. Tranne che perCarlo Palermo, un magistrato testardo, destinato a diventare terribilmente scomodo. Per molte persone, in Italia ed altrove.
Racchiuso in una decina di faldoni che ho avuto modo di leggere alcuni anni dopo, il risultato delle indagini di Carlo Palermo puntava molto in alto. Il modo in cui le aziende erano entrate nei ministeri comprando le complicità di cui avevano bisogno era documentato più volte con chiarezza. La mancanza assoluta di trasparenza per tutte queste attività era garantita e tutelata da una norma, in particolare, che consentiva di versare su conti esteri ed in modo anonimo le commissioni (tangenti) dovute ai mediatori (trafficanti). L’insieme complesso di interessi che si muoveva in questo ambito aveva evidenti coperture politiche, tuttavia con cui Carlo Palermo si scontrò duramente. Con un risultato assai penoso per lui perché, nell’Italia a libertà limitata del Caf, il processo passò ad altri e il magistrato ribelle fu trasferito. Approdando a Trapani, dove il suo tentativo caparbio di persona che continuava ad opporsi alle organizzazioni criminali mafiose gli valse un attentato spaventoso: due innocenti morirono in quell’attentato in cui Carlo Palermo si salvò. Ma non fu più se stesso per il peso di quei due morti che continuò a portarsi nel cuore. E per il silenzio vigliacco in cui la sua vicenda fu ridotta dagli organi di
informazione e dai responsabili di un governo che troppe cose aveva da nascondere. Anche se il principio per cui si era battuto portò, dopo Tangentopoli, e quelle modifiche legislative di cui parlate nel vostro appello.
Ho voluto riprendere la storia di Carlo Palermo, cui in quegli anni tentai di essere politicamente e personalmente vicino, soprattutto perché temo che il futuro che ci aspetta tutti se il Parlamento seguirà gli orientamenti di un governo appiattito su una linea voluta dagli americani e dagli inglesi possa aprire la
strada ad un semplice triste ritorno al passato. Ad una situazione, cioè, in cui quello che crescerà è l’export di prodotti destinati ai paesi poveri su circuiti sostanzialmente illegali o semilegali: del tipo di quelli che piacciono all’onorevole (onorevole?) Previti, relatore del provvedimento oggi discusso in Commissione. Alimentando ulteriormente i conflitti armati che in quei paesi si svolgono. Aprendo autostrade all’armamento dei terroristi. La contraddizione che c’è fra questo tipo di scelta e i grandi discorsi sul terrorismo e sull’impero del male che i nostri governanti mediano oggi da Rambo-Bush l’idea dell’accostamento non è mia ma di un giornale tedesco, Der Spiegel non deve essere considerata casuale. Nei giorni in cui la Cia ringrazia Scajola facendo finta di prendere molto sul serio la storia del cianuro su Roma, la costruzione di una minaccia del terrorismo che incombe (incomberebbe) su tutti noi è, in realtà, lo strumento fondamentale di una politica orientata alla soppressione delle libertà individuali (un bel saggio su questo tema è stato scritto di recente da un giornalista americano dissidente: Gore Vidal) e alla crescita di una diffidenza ostile fra mondo dello sviluppo e mondo del sottosviluppo, fra occidente e resto del mondo.
Dietro a tutto questo, tuttavia, c’è anche un’industria, quelle delle armi, che accresce i suoi profitti solo se la guerra è in atto o dietro l’angolo. Localizzata soprattutto nei paesi ricchi e potenti dell’occidente, essa ha bisogno, per esportare i suoi sottoprodotti e le sue produzioni più desuete, di forme speciali di deregulation: norme che, eliminando controlli e trasparenze inutili, consentono di vendere le armi all’interno di un mitico «libero mercato».
In spregio dei principi stabiliti nelle conferenze internazionali e superando i problemi proposti dall’Onu e
dai suoi tentativi di rendere difficile la circolazione di strumenti di cui sempre si dice che sono prodotti a scopi difensivi ma che servono di fatto, solo ad uccidere.
È in questo contesto, credo, che dovrebbe essere inquadrata la discussione sul progetto governativo di
cui voi parlate. Un atto di cui sarebbe importante che tutti i cittadini italiani conoscessero le ragioni e il significato: tutti, anche quelli che hanno votato per la Casa delle Libertà. Nel patto con gli italiani sottoscritto di fronte ad un Bruno Vespa commosso ed obbediente, cose di questo tipo, infatti, non erano
state annunciate. Il controllo minuzioso che il grande comunicatore intende esercitare su stampa e televisione serve in fondo proprio a questo: a non far parlare di cose che sarebbe troppo difficile spiegare.
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