Le scomuniche inutili e i rischi delle nuove droghe-l’Unità 15.04.02

Le scomuniche inutili e i rischi delle nuove droghe-l’Unità 15.04.02

Aprile 15, 2002 2001-2010 0

Caro prof. Cancrini,
seguiamo da tempo con attenzione la sua rubrica e, in qualità di operatori che lavorano nel campo della salute mentale, ci interessa soffermarci su un fenomeno, il consumo di nuove droghe, che si sta diffondendo in maniera allarmante tra la fascia giovanile che va dai 16 ai 25 anni di età. In questi ultimi anni tutto sta cambiando con estrema rapidità: le droghe, le persone che fanno uso, le modalità di assunzione. Tali trasformazioni non possono non sollecitare interrogativi in noi operatori che lavoriamo in ambito istituzionale.
Queste nuove sostanze, originariamente sintetizzate per un impiego esclusivamente clinico e terapeutico, nel corso degli ultimi 10 anni sono state immesse nel mercato illegale e diventate oggetto di uso non medico. Attualmente vengono utilizzate come sostanze psicoattive allo scopo di alterare l’umore, indurre piacere, migliorare le prestazioni e modificare le emozioni sgradevoli.Chi sono i consumatori di queste nuove droghe? Sono giovani che non possono essere considerati devianti, spesso studiano e/o lavorano per quei cinque giorni la settimana e usano il weekend come evasione dalla «monotonia» della vita quotidiana. All’immagine stereotipata del tossicodipendente degli anni 80 si affianca sempre di più quella dei ragazzi «socialmente integrati», con casa, famiglia, lavoro e scuola. Dal consumo di droga come fenomeno individuale (eroina) si è passati al consumo di sostanze come comportamento collettivo (ecstasy). Inoltre l’assunzione episodica, confinata prevalentemente nel fine settimana, rende la condotta tossicomanica «socialmente accettabile» ed allontana la percezione dei possibili rischi («si può calare nel weekend senza subire strascichi nella settimana successiva») quali le infezioni, l’Hiv e la dipendenza. È clinicamente accertato invece che l’uso continuo di sostanze sintetiche, in particolare quelle stimolanti (quali ad es. ecstasy, cocaina, crack) comporti una progressiva disgregazione della personalità che si traduce a livello comportamentale in condotte abnormi e trasgressive sul piano sociale. Inizialmente la sostanza produce effetti euforizzanti: viene assunta spesso per rendere piacevole lo stare insieme agli altri, per divertirsi, per passare il tempo. Progressivamente questo stato euforizzante si stempera per lasciare il posto ad un graduale appiattimento delle emozioni e ad un lento ritiro dalle relazioni interpersonali. Affiorano idee bizzarre spesso pervase da tematiche paranoidale a contenuto persecutorio fino alla perdita della consapevolezza delle proprie azioni e ad un completo distacco dalla realtà circostante. Purtroppo sono sempre più numerosi i giovani consumatori di sostanze sintetiche e non solo (ecstasy, cocaina, popper ecc.) alla loro prima esperienza detentiva. Fanno ingresso in Ospedale Psichiatrico Giudiziario in seguito al compimento di reati, più o meno gravi, rivolti prevalentemente contro la persona. Da una prima riflessione su alcuni casi che sono giunti alla nostra osservazione clinica emerge che tali pazienti in passato non sono mai stati presi in carico dai Servizi territoriali competenti (Psichiatri e/o Servizi per le Tossicodipendenze), non solo perché gli stessi pazienti non si erano mai rivolti ad essi, in quanto non si riconoscevano portatori di un disagio psichico, ma anche perché le stesse istituzioni non sono a nostro avviso sufficientemente «attrezzate» ad affrontare, sul piano terapeutico, questa nuova utenza. Il nostro interrogativo è proprio questo: quali strategie di intervento? Come accostarsi a questi giovani pazienti, la cui sofferenza appare sapientemente «addomesticata» dalle sostanze per poi esplodere in maniera così devastante? Noi riteniamo innanzitutto che una corretta informazione sui danni neuropsicologici a breve e a lungo termine, possa rappresentare la prima forma di risposta che una società civile deve necessariamente offrire.

Antonella Lettieri,
Stefania Matteucci,
Eleonora Ragazzo
Ospedale Psichiatrico Giudiziario Montelupo Fiorentino

Il fatto che una denuncia forte sugli effetti delle cosiddette nuove droghe arrivi da un Ospedale Psichiatrico Giudiziario merita, di per sé, una riflessione particolarmente attenta.
Quella intercettata dall’Ospedale Psichiatrico Giudiziario è, infatti, una utenza che sfugge al controllo dei Dipartimenti di Salute Mentale e dei servizi per le tossicodipendenze. Perché i disturbi psichici procurati dalle nuove droghe sono acuti e ben collegati all’abuso di sostanze e perché l’abuso di sostanze d’altra parte, non essendo necessariamente abituale e prolungato nel tempo, non integra necessariamente il quadro proprio della dipendenza da farmaci. La storia banale essendo quella, incisivamente proposta nella lettera, del ragazzo più o meno normale che assume farmaci in modo più o meno casuale, all’interno di ambienti in cui l’abuso di farmaci è più o meno la regola e che va incontro, per difetto di informazione o di protezione, a conseguenze gravi. Acutamente, perché la perdita di controllo legata agli effetti propri del farmaco può spingerlo verso dei comportamenti fuori misura e/o a corto circuito. Nel tempo, perché l’abuso protratto di questo tipo di sostanze sembra associarsi, in un numero limitato ma significativo di casi, ad un impoverimento progressivo della vita psichica, a modificazioni profonde e stabili della personalità: all’evidenziarsi di un danno, cioè, che non ha riscontri nella storia delle moderne tossicodipendenze e che ci pone di fronte ad una serie di richieste terapeutiche serie, difficili da esaudire e, tuttavia, estremamente urgenti. Fa veramente tristezza, in queste condizioni, sapere che il governo della cosa pubblica sia caduto, in una fase come questa, nelle mani di gente che continua a preoccuparsi delle droghe leggere (e della sinistra che “non se ne preoccupava abbastanza”) e delle iniziative di riduzione del danno (con cui, secondo i nuovi governanti, si abdicava al “grande principio” del no a qualsiasi droga accettando di offrire cure a chi non aveva già smesso di usare droghe).
Così come fa tristezza pensare che a consigliare i ministri sia il pensiero unico dei rappresentanti di San Patrignano e delle associazioni di famiglie che a San Patrignano fanno riferimento mentre Fini e Buttiglione continuano ad indignarsi (o a far finta di indignarsi) contro una cultura bollata come cultura della permissività e che si era proposta ed affermata invece come cultura della solidarietà. Quello che viene perso di vista drammaticamente in queste condizioni mi sembra il problema reale della prevenzione: un problema su cui bisognerebbe spendere sempre di più oggi, in soldi ed in energie. Smettendo di portare all’attenzione del grande pubblico e degli adolescenti di oggi le angosce di chi non sa cos’è uno spinello e cercando di imparare prima e di far sapere poi che la battaglia da combattere oggi sul fronte della droga è soprattutto quella che riguarda le nuove droghe. Sostanze che arrivano dai laboratori clandestini e dal mercato grigio degli psicofarmaci, sostanze di cui la gran parte dei consumatori non conosce o sottovaluta la pericolosità: una pericolosità drammaticamente aumentata, oggi, dalla superficialità disinvolta di chi oggi ci governa pensando alle polemiche politiche invece che ai problemi reali dei giovani.
Poiché le idee camminano anche se chi governa governa male, tuttavia, la lettera che arriva dall’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Montelupo Fiorentino arriva quanto mai opportuna per ribadire, da un giornale d’opposizione, la necessità di dare tutto lo spazio che merita ad un problema, quello delle nuove droghe, con cui dovremo convivere ancora a lungo e di cui è importante sottolineare in tutti i modi la gravità.
Dando inizio da subito, in stretto raccordo con l’osservatorio epidemiologico di Lisbona (quello italiano è stato chiuso un anno fa, quando Maroni si è insediato al posto di Livia Turco decidendo di eliminare tutti “i comunisti” che avevano lavorato con lei e dimenticandosi di sostituirli: forse perché giustamente un
“padano” di razza pura non può perdere tempo con la gente che si droga) ad una ricerca accurata su quei giovani e giovanissimi che sembrano essere stati danneggiati in modo che oggi sembra irreversibile dalle nuove droghe, sul numero di quelli che le usano ed entrano per vari motivi nel circuito penale e negli
ospedali psichiatrici giudiziari, sulle strategie di mercato degli spacciatori delle nuove droghe e sulle connessioni sempre più frequenti e gravi fra mercato legale e mercato illegale degli psicofarmaci. Dando seguito, nello stesso tempo, a quelle campagne di sensibilizzazione sui rischi legati all’uso e all’abuso delle nuove droghe, di quelle che troppi giovani continuano a considerare “non droghe”, portate avanti negli ultimi quattro anni dai ministri dell’Ulivo. Insegnando con i fatti a chi continua a credere che il tema delle droghe sia un tema da usare in campagna elettorale, che riduzione del danno è prima di tutto informazione corretta e che una azione di contrasto seria alle droghe deve essere basata sulla difesa dei consumatori, non sulla drammatizzazione “etica” degli spinelli o sulla guerra agli operatori impegnati nelle attività di riduzione del danno.
Dobbiamo portare dalla parte giusta i giovani e quelli, fra loro, che sono più esposti all’offerta di droghe. Dobbiamo, per farlo, accettare l’idea che le scomuniche servono a poco e che quello di cui soprattutto c’è bisogno è il dialogo. Un dialogo senza pregiudizi, laico, serio, basato sull’informazione corretta e sul tentativo di far crescere il rispetto di se stessi e il senso di responsabilità dell’individuo.
Un’ultima considerazione mi sembra importante prima di chiudere. La drammaticità del problema proposto dagli operatori dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Montelupo Fiorentino non riguarda solo le politiche da portare avanti in tema di droga. Chiede, invece, una riflessione attenta sulle risposte che
dovrebbero essere fornite già oggi a coloro che nel circuito della droga sono già entrati. Se l’Ospedale Psichiatrico Giudiziario è la struttura che entra per prima in contatto con un nuovo tipo di utenza quello su cui ci si dovrebbe applicare è un adeguamento dei Ser.T e del privato sociale alle loro (nuove) esigenze. All’interno dell’Ospedale e da subito bisognerebbe interrogarsi, d’altra parte, sul numero di tecnici coinvolti nei programmi di cura, sulle condizioni in cui si svolge il loro lavoro, sulla formazione e
sulla supervisione di cui avrebbero bisogno. Si rende conto un ministro come Castelli del fatto che quello di cui c’è bisogno con giovani che delinquono perché stanno male non è un aumento della pena ma un miglioramento delle condizioni in cui essi vengono assistiti?
Certo, non è per niente facile aspettarsi, da un governo di destra, un’attenzione forte al problema delle fasce più deboli.
Quello cui dobbiamo attrezzarci, tuttavia, se le cose stanno così, è un tempo lungo in cui toccherà all’opposizione il compito di ricordare e di sottolineare la necessità di uno sforzo capace di mettere l’uomo al centro di ogni iniziativa politica o assistenziale. Uno sforzo che dovrebbe essere obbligatorio per tutti: nel rispetto, se non altro, della Costituzione cui tutti i ministri, di destra o di sinistra, giurano (qualcuno forse senza rendersene conto sino in fondo) fedeltà.

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