Le urla di Vespa contro i giudici minorili- l’Unità 11.03.02
Caro Luigi,
rimango sconcertata da alcuni messaggi che in questo periodo si ricevono da stampa e televisione. Mi
riferisco in particolare alla recente rubrica su Grazia di Bruno Vespa.
Credo che il potere persuasivo di cui godono giornalisti e personaggi pubblici di rilievo rappresenti un pericoloso mezzo per trasmettere sfiducia verso categorie che in realtà cercano di operare nella salvaguardia dei diritti del bambino e dei suoi genitori.
Tutti sappiamo l’importanza del legame tra un figlio e i suoi genitori.
L’intervento verso le famiglie in difficoltà è sempre rivolto, innanzitutto, al tentativo di salvare questo legame. Accade talvolta che ciò non sia possibile per gravissimi motivi, quasi mai documentabili in modo pubblico. Sarebbe doveroso che gli spazi di discussione su questi temi fossero oggetto di un reale confronto con rappresentanti dei giudici minorili, degli operatori sociali e degli specialisti che operano nei servizi che si occupano della tutela dei minori.
Dott.ssa Ester Di Rienzo
Psicoterapeuta del Centro
di Aiuto al Bambino Maltrattato
e alla Famiglia
Cara Ester,
mi sono procurato l’articolo di Bruno Vespa su «Grazia» e ti ringrazio per averlo segnalato. La superficialità e la violenza di un uomo diventato autorevole soprattutto per la sua capacità di adulare persone dotate di un qualche potere meritano di essere sottolineate una volta di più.
Insieme al delirio di grandezza da cui, al pari di altre molte persone baciate da un successo immeritato, il conduttore di Porta a Porta sembra ormai irrimediabilmente trascinato. Un delirio che, se non fosse il delirio di Bruno Vespa, porterebbe forse a qualche consultazione specialistica e a qualche intervento farmacologico. Un delirio che, appartenendo a Bruno Vespa, rischia di dare un contributo importante allo sviluppo di quella controriforma del diritto minorile su cui si sta impegnando in prima persona da qualche settimana un giurista del calibro del ministro Castelli. Ragioniamo insieme sul testo pubblicato da «Grazia». Ragionando (ragionando?) sulla crisi della coppia con figli che non riescono a trovare punti d’intesa e che sbagliando si separano (Bruno Vespa non fa mistero qui della sua avversione per la separazione e per il divorzio: una situazione in cui le persone non sanno «sacrificare la loro aspirazione alla felicità per tamponare una crisi familiare»), quello che su «Grazia» propone come «il volto Tv per eccellenza», nota come in tutte queste situazioni è il bambino che paga. Per colpa, però, degli psicologi,
degli assistenti sociali e dei giudici minorili. «Chiunque abbia avuto a che fare con la giustizia – spiega infatti Vespa – sa che i fatti sono diversi dal diritto. L’accusatore e l’accusato che assistono al giudizio hanno spesso l’impressione che si parli di cose che riguardano altre persone. La formazione ideologica e professionale di molti «esperti» ci porta a produrre valutazioni coerenti con il proprio modo di pensare, ma devastanti per la coppia e soprattutto per i minori di cui hanno in mano, la sorte. L’esproprio (sic!) sempre più frequente della potestà genitoriale, la dichiarazione di adottabilità di bambini che hanno ancora entrambi i genitori e hanno fatto in tempo a vivere con loro diversi anni sono provvedimenti di portata clamorosa e quasi sempre aberrante che scardinano alle radici il diritto naturale». Su quali dati si appoggino queste affermazioni resta ovviamente un mistero per il lettore. A quali riunioni o giudizi in cui sembrava si parlasse di altre persone abbia assistito Bruno Vespa (in incognito e mascherato ovviamente: in caso contrario l’avremmo saputo, dai giornali e dalla Tv) non viene detto e non lo sapremo ugualmente mai. Come nulla sapremo mai di quale sia la «formazione ideologica e professionale» degli esperti con virgolette cui Bruno Vespa allude (i tanto temuti comunisti, forse, che non credono nei valori sacri della famiglia?) e su quali studi si appoggi l’affermazione per cui si è fatto sempre più frequente «l’esproprio della potestà genitoriale e la dichiarazione di adottabilità di bambini che hanno ancora entrambi i genitori». Il problema per chi si occupa di tutela dei minori è esattamente il contrario. Perché se un problema c’è nei servizi e nei tribunali per i minori, il problema è quello di un coinvolgimento eccessivo dei giudici e degli esperti (più dei giudici che degli esperti, a volte, perché la formazione dell’esperto prevede questo rischio e fornisce, o dovrebbe fornire, i mezzi per limitarlo) e perché l’Italia è, fra tutti i paesi del mondo, uno di quelli in cui più difficile è definire l’adottabilità di un bambino. Per l’influenza profonda, e storicamente ben comprensibile, della cultura (e della retorica) di tanti cattolici retrò in tema di sacralità della famiglia e dei legami di sangue. Con conseguenze drammatiche, però, proprio sui minori perché esistono famiglie o genitori che davvero non sono in grado di occuparsi dei loro figli. Famiglie di cui Vespa considera che il figlio sia una proprietà se il giudice che sospende la patria potestà si rende colpevole di un esproprio. Come se la legge dovesse tutelare questo speciale tipo di proprietà, non il bambino. Diversi anni fa, una famiglia di Ostia fu segnalata ai servizi e al Tribunale per i Minori per un sospetto abuso sessuale su bambini. Avvocati e apostoli della sacralità della famiglia riuscirono a dimostrare che non c’erano prove certe (i bambini, si sa, non sono attendibili…) e costrinsero i minori a tornare a casa. Le conseguenze furono, nel concreto di quell’inferno, botte e abusi, abusi e botte. Fino al momento in cui stupro e uccisione di un altro bambino non consegnarono quel padre al giudice penale. Definendo, con dieci anni di ritardo, una perdita delle sue competenze genitoriali. Ma definendo, soprattutto dopo dieci anni, la rovina dei minori che non erano stati «espropriati» in tempo alla loro famiglia. Nel silenzio assordante di tutti i media e di tutti i talk-show televisivi.
Compreso quello, gettonatissimo, diretto appunto da Bruno Vespa. È regola aurea del giornalismo, si dice,
quella per cui il cane che morde un uomo non fa notizia, ma il suo contrario è capace invece di farla. Cose del tutto analoghe sembrano accadere in questo campo oggi, dunque, perché l’evento eccezionale (il Tribunale che sbaglia togliendo la potestà genitoriale a dei genitori che non lo avrebbero meritato) viene ospitato da un Maurizio Costanzo Show, rimbalza sulle prime pagine di tutti i giornali, mette in moto la penna decisiva di un Bruno Vespa. Mentre l’evento banale (spaventosamente, assurdamente banale) del minore maltrattato o abusato sessualmente, notizia non riesce a fare.
Sicché a proposito dei giornalisti viene da dire con grande amarezza, dopo aver letto Vespa, che gli adulti ne hanno e i bambini no. Dobbiamo riflettere seriamente, credo, su questa malattia drammatica della moderna democrazia. Che il ministro Castelli si presenti come un salvatore della patria proponendo una legge sul superamento dei tribunali per i minori, forte solo dell’appoggio di due anchor-men televisivi e infischiandosene altamente del parere di tutte quelle persone che lavorano e studiano questi argomenti è un sintomo grave di deriva culturale. La precedente riforma del codice minorile passò, alcuni anni fa, attraverso un dibattito serio e approfondito cui un certo numero di giornalisti diede conto. Rispettosi, allora, del ruolo di quegli esperti di cui oggi sentono di poter fare tranquillamente a meno. Dall’alto della nuvola in cui li ha depositati il successo, molti «volti Tv per eccellenza» vedono (o pensano di vedere) oggi, infatti, molto più lontano e molto più a fondo di quei poveretti che sono costretti a lavorare in diretto contatto con la complessità della vita reale. Complessità di cui, da lassù ci si può tranquillamente scordare, tra uno spot televisivo e l’altro. Proponendo a un pubblico non informato e a un ministro in
vena di riforme «popolari» quel tipo di soluzione semplice che tanto piace, oggi, agli esperti di pubblicità soluzioni che si rivolgono alle emozioni più che al ragionamento. Soluzioni che servono soprattutto, in politica e nel giornalismo televisivo ad abbellire, come la cipria, l’immagine di colui che le prefigura. Senza interesse alcuno a ciò che capiterà, domani, ai minori e alle loro famiglie. Fino al momento almeno, in cui non sembrerà utile (non, per carità, necessario) un altro po’ di informazione spettacolare, un altro po’ di talk-show, sull’argomento.
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