L’occidente del pensiero unico l’orizzonte dell’informazione- l’Unità 4 Febbraio 2002
Caro Cancrini,
molto bella la lettera pubblicata e la sua risposta nel giornale di oggi lunedì 28 gennaio 2002. La sua interpretazione della città-formicaio rende molto bene la situazione in cui si sono cacciate tutte le società di tipo capitalista. Trovo coraggioso ormai fare riferimenti alla dottrina marxista, ce ne sarebbe bisogno in tempi in cui tutto è impregnato di cultura consumistica. Certi ragionamenti e modi di vivere delle società così dette «privilegiate», sono ormai così intrinsecamente radicati che è difficile intravedere dei mutamenti di pensiero, se non con grossi sforzi non solo collettivi ma soprattutto individuali. La comunicazione televisiva e giornalistica può fare tantissimo per indirizzare i bisogni delle persone, e si è visto, per esempio con il caso della BSE l’anno scorso, che i consumatori sono molto sensibili ai messaggi che minacciano l’integrità della salute. Per mesi i giornali hanno parlato dei problemi della «mucca pazza», creando probabilmente un allarmismo esagerato se si pensa ai numeri dei casi trovati, e soprattutto alla insicurezza di una dimostrabilità scientifica di trasmissione della malattia dall’animale all’uomo. Ben più grave è la situazione di invivibilità che si è creata in tantissime delle nostre città, e qui è scientificamente dimostrato che i rischi per la salute sono altissimi soprattutto per i soggetti più giovani e per gli anziani. Non solo, ma tali rischi sono condivisibili da tutti, cioè milioni di cittadini, che non possono
decidere dall’oggi al domani di non respirare più, così come hanno fatto rinunciando all’acquisto di carni bovine. Tre mesi di visibilità giornalistica alla BSE hanno fatto crollare i consumi di carne e dei settori connessi, facendoci capire che il pubblico è molto attento ai problemi della salute. Questo può provocare dei cambiamenti nel comportamento, quindi a maggior ragione, tre mesi di attenzione ai problemi dell’inquinamento potrebbero dare il via ad una svolta innovativa nei sistemi di trasporto. Se i giornalisti martellassero per tre mesi l’opinione pubblica, questa potrebbe orientare le scelte della grande industria,
dei trasporti, delle opere pubbliche. Ognuno di noi imparerebbe a rinunciare o almeno a ridurre l’uso delle macchine, viaggeremmo su linee di trasporto ad energia solare di poco rialzate dal terreno, così che le nostre campagne non verranno sacrificate nella costruzione di nuove strade atte a smaltire il traffico dei pendolari, che stufi della vita in città, si sono comprati la villetta nei paesi ex-agricoli della cintura cittadina. Le città torneranno a essere vivibili, le persone si riapproprieranno dell’uso delle gambe, avremo più tempo per parlare, sorridere, e anche, perché no, gustarci di nuovo una bella fiorentina!
Renata Lovati
Allevatrice di vacche da latte
in Albairat
Cara Renata,
sono perfettamente d’accordo con te. Il pensiero unico cui si ispirano oggi tutte le società che si dicono occidentali avanzate parte dall’idea per cui l’accumulazione del capitale resta il motore fondamentale dall’economia moderna. Destra (quella che si stringe oggi intorno a Bush) e sinistra (quella che si riuniva qualche anno fa intorno a Clinton) sembrano penosamente uguali in questo, oggi, nel mettere la produzione e le ragioni della produzione al centro di ogni scelta politica.
Nel rigettare, con rigore a volte sospetto, qualsiasi riferimento teorico all’economia politica di Marx. Nel sostenere che ogni ipotesi di sviluppo, ogni progettualità politica deve essere compatibile, prima di tutto, con la solidità dell’assetto economico: con il rispetto, detto in altri termini, della necessità di collegare ogni investimento alla certezza di un plusvalore (parola anch’essa in disuso) la cui entità viene stabilita da chi ha il potere di stabilirla. Dandosi la possibilità magari di negoziare (dalla parte di chi si dice a sinistra) le ricadute occupazionali di questo tipodi scelte. Senza assumere mai però, di fronte ad esse, un atteggiamento davvero e seriamente critico. Soprattutto se l’interesse da colpire è privato: come ben dimostrato, a puro titolo di esempio, dal modo in cui viene rispettata ed esaltata, a tutti i livelli, la produzione di bevande alcoliche, nocive sicuramente assai più delle sigarette prodotte dallo Stato e contro cui si è avuto il coraggio di mettere in piedi invece una forsennata (e giusta) campagna solo perché l’idea per cui lo Stato deve contare sempre di meno ha un posto importante nella dottrina del moderno pensiero unico (secondo la definizione di I. Ramonet). L’insensatezza delle politiche proposte da questo tipo di pensiero, le catastrofi cui esso sta dando luogo nel mondo sono di fatto impressionanti. Piero Sansonetti scriveva una settimana fa su questo giornale del numero impressionante di bambini che
muoiono di sete ogni giorno in un mondo inondato dalla pubblicità di bevande per tutti i gusti e molti dei suoi lettori si saranno chiesti come è possibile che l’uomo moderno occidentale possa convivere così tranquillamente con la larghezza dei suoi consumi e con la efferatezza degli squilibri economici da cui
essa alla fine dipende. La risposta, in effetti, sta nelle cose che dici tu sul modo in cui l’opinione pubblica e le sue reazioni si collegano, di fatto, al modo in cui stampa e televisione presentano i problemi, alla
decisione, che stampa e televisione prendono o non prendono, di dare importanza ad una notizia, alla strategia che sottende questo tipo di decisione.
Si può tranquillamente sostenere, guardando le cose da questo punto di vista, che il pensiero unico delle moderne società occidentali è sostenuto e rinforzato ogni giorno da un quinto potere, quello legato agli organi dell’informazione, che continua a presentare un’immagine del mondo moderno estremamente
semplificata e fortemente giustificatoria delle contraddizioni e/o delle iniquità collegate all’equilibrio attuale del pianeta. Gli elementi forti di questa presentazione possono essere sintetizzati nel modo seguente:
a) i valori cui si ispirano le moderne società occidentali sono quelli giusti, noi siamo democratici e tutti gli altri non lo sono o lo sono comunque meno di noi; la democrazia (rappresentativa) che noi abbiamo costruito è il migliore dei sistemi politici che siano stati proposti fino ad ora;
b) lo sviluppo delle tecnologie permesso e favorito dal nostro sistema politico ed economico è, in linea di massima, positivo; presenta degli inconvenienti ovviamente e tali inconvenienti sono correggibili, tuttavia, sulla base di opportuni aggiustamenti; che sostengono, come fanno oggi gli antiglobals, che tali inconvenienti vanno considerati come il segno della necessità di proporre un modello di sviluppo alternativo, hanno una visione infantile e ludica della politica; debbono essere lasciati liberi di riunirsi a Porto Alegre e di sfogarsi un po’ con le loro manifestazioni; gente che ha la testa sulle spalle, tuttavia, non può prenderli sul serio più di tanto;
c) se un conflitto si pone o si porrà fra le civiltà occidentali e quelle del resto del mondo, lo squilibrio dei rapporti di forza non giustifica in nessun caso la violenza del più debole contro il più forte (espressione comunque di terrorismo vigliacco, sanguinario ed insensato); l’unica violenza giustificata, infatti, è
quella del più forte nei confronti del più debole (la guerra quella vera: in difesa dei valori superiori cui il più forte si ispira).
È sulla base di questo ragionamento, mi pare, che diventa possibile capire il perché di un trattamento tanto diverso delle notizie sulla mucca pazza e sull’inquinamento. Quello della mucca pazza è un problema particolare e risolvibile facendo leva sulla potenza delle tecnologie: gonfiarlo, pomparlo nell’immaginario collettivo permetterà di far vedere con chiarezza a tutti che la nostra è la migliore delle
società effettivamente possibili anche perché sa trovare una soluzione ai problemi che non ha saputo prevenire. Quello dell’inquinamento è, invece, un problema strutturale, impossibile da risolvere se non si mette in questione questo modello di sviluppo. A meno che non lo si trasformi in emergenza, curabile con interventi sintomatici. Così come si è fatto (spudoratamente?) in questi giorni.
Il quinto potere, voglio dire, è il propagandista più efficace e il sostenitore più accanito del pensiero unico delle società occidentali. Il che potrebbe collegarsi forse, al modo in cui le strategie moderne di accumulazione del capitale si basano soprattutto sul controllo delle strutture dell’informazione: come noi, in Italia, sappiamo particolarmente bene.
Come dimentichiamo un po’ troppo facilmente, tuttavia, nel momento in cui il discorso non riguarda più Silvio Berlusconi che del pensiero unico non è, nel nostro paese, l’unico interprete.
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