Morbidi con il crimine finanziario durissimi col ragazzo che sbaglia- l’Unità 22.04.02

Morbidi con il crimine finanziario durissimi col ragazzo che sbaglia- l’Unità 22.04.02

Aprile 22, 2002 2001-2010 0

Caro Cancrini,
dal nostro incontro a Genova alla presentazione del progetto dell’Uisp «Sport contro la droga», in collaborazione con il Dipartimento Giustizia Minorile, nel settembre 2000; la nostra esperienza nell’ambito della prevenzione e del contrasto al disagio, alla devianza e alla tossicodipendenza tra i minori si è sviluppata ed integrata con altre progettualità in diverse realtà territoriali. Da anni la nostra associazione sperimenta interventi di sostegno a percorsi educativi, attraverso la pratica motoria e sportiva, l’aggregazione giovanile e l’inserimento lavorativo in contesti prevalentemente sportivi e associativi, prettamente a favore di minori dell’Area Penale.
Le maggiori difficoltà rilevate negli approcci metodologici di questa esperienza riguardano il prosieguo delpercorso personale dei ragazzi in particolare per la:

1. mancanza di protocolli fra Enti Locali, Sert, Ministeri e privato sociale;

2. assenza di strumenti idonei a portare a termine il processo di inclusione e inserimento sociale;

3. scarsità di risorse destinate a queste azioni ponte fra Area Penale e territorio.

Questo quadro generale fa sì che i progetti educativi di un minore dell’area penale risultino incompleti per la cessazione delle opportunità attivabili nell’ambito di una misura penale. Con il risultato che il giovane torna a confrontarsi da solo con il contesto sociale ed economico deprivante in cui è maturato il suo stato di disagio, devianza e tossicodipendenza.
Assurdo ed esemplare il caso di G.C. (16 anni) della periferia metropolitana di Genova che, dopo un lungo
lavoro di reinserimento attraverso una borsa lavoro in ambito sportivo, l’iscrizione in una palestra e il volontariato in una pubblica assistenza -predisposto e condiviso fra Ufficio Servizio Sociale per i Minorenni del ministero della Giustizia e l’Area Diritti Sociali dell’Uisp – ha subìto l’interruzione di tutte le opportunità di integrazione di cui stava beneficiando, per la cancellazione del reato commesso, grazie al buon esito della Messa alla Prova, tornando bruscamente al proprio contesto familiare e sociale caratterizzato da criminalità e tossicodipendenza.
Partendo da questa esperienza, pensando agli orientamenti del governo evidenziati dalle ultime leggi, quali contesti ritieni più verosimili per contrastare e prevenire il fenomeno della devianza e della criminalità fra i giovani e i giovanissimi?
Grazie per l’attenzione
Marco Ponar
Responsabile progetto
nazionale Uisp
«Sport contro la droga»
Giuliano Bellezza
Responsabile Uisp progetto
«Sport contro la droga» di Genova

Debbo dirvi prima di tutto che sono piuttosto disorientato di fronte agli orientamenti espressi dal ministro Castelli e dal governo Berlusconi in tema di diritto penale e di minori. Quello di cui mi
rendo conto bruscamente, infatti, è che il lavoro portato avanti per decenni con tanta passione, intelligenza e generosità dagli operatori sociali variamente collegati all’attività dell’area penale minorile è un lavoro di cui si può tranquillamente non tenere conto.
Che può essere cancellato da un tratto di penna o da un bisogno di protagonismo politico. Il che significa però, più profondamente, che l’idea per cui il minore che delinque va considerato prima di tutto come un individuo da recuperare non è un’idea entrata davvero nella coscienza dei più (come molti di noi hanno creduto in questi anni). Il pregiudizio da cui iniziative come quelle di Castelli prendono vigore e forza, infatti, è quello basato su un’idea del tutto opposta, quella per cui il minore che delinque non va compreso e aiutato ma semplicemente punito: come il Franti del libro Cuore. Quelle che si sono comunque prodotte e manifestate in lui sono o sarebbero, infatti, tendenze criminali da controllare con la forza della minaccia e con la durezza della punizione. Pericolosi in quanto lassisti e permissivi, istituti del tipo «messa alla prova» vanno (andrebbero) aboliti perché inutili e sostanzialmente ingiustificati. Così come va (andrebbe) abolita qualsiasi distinzione fra giudici e tribunali degli adulti e dei minori, perché quello che conta è il reato che viene commesso, non la persona che lo commette. Possiamo discutere dello spessore scientifico e del livello etico di questo tipo di idee e di pregiudizio. Il problema con cui ci confrontiamo, tuttavia, è quello della facilità con cui chi lo difende trova consensi in un’opinione pubblica distratta e spaventata dal contrasto fra la drammatizzazione mediatica di casi come quelli di Erika e di Omar e dalla mancanza assoluta di notizie su quello che accade nei casi meno clamorosi: sulla efficacia
reale, dunque, di istituti giuridici messi in campo da noi solo da pochi anni. In questo come in altri campi,
quello con cui ci confrontiamo è il problema della capacità di persuadere un pubblico disinformato utilizzando opinioni sempre più urlate e sempre meno argomentate. Del fastidio sempre più evidente che emerge in chi ci governa verso ogni iniziativa che sappia di studio, di riflessione, di dialogo. Di uno scadimento generalizzato dei livelli di cultura delle persone cui vengono affidate oggi responsabilità importanti. La manifestazione più evidente della scorrettezza di questo modo di governare la cosa pubblica sta nel metodo utilizzato nella presentazione delle proposte. Il buonsenso vorrebbe che
il titolare di un dicastero che ha introdotto in Italia nuovi istituti (come, appunto, la messa alla prova) partisse, nel momento in cui dice di volerli abolire, da una ricerca seria sui risultati che questi istituti hanno prodotto. Possiamo tutti far finta di non sapere che si tratta di istituti in opera in gran parte del mondo occidentale, adottati da noi, semmai, con un certo ritardo: quando la Padania non è d’accordo, infatti, un ministro come Castelli non ha bisogno di scomodarsi per lo studio del diritto comparato o
delle altre legislazioni europee. Quello che brucia, però, e che francamente è difficile da ammettere e da digerire è che il processo al diritto minorile di oggi non si basi sulle valutazioni dei risultati ottenuti finora o sull’analisi attenta dei fattori che impediscono dei risultati ancora migliori di quelli che pure sono stati ottenuti (come fate voi, ad esempio, nella vostra lettera) ma sulle discussioni portate avanti in modo scorretto, unilaterale e paurosamente superficiale, nei salotti di Vespa e di Costanzo. Come se si fosse tornati al tempo dei monarchi assoluti, quando quello che contava era trovarsi al posto giusto per buttare lì un’idea che piaceva ai potenti.
Quando non c’era una società civile cui dover rispondere con le proprie scelte e il cortigiano (travestito spesso, oggi, da giornalista) era un privilegiato di cui nessuno osava discutere il privilegio.
Al di là delle questioni di metodo, del resto, le soluzioni proposte da Castelli e dal governo sono quanto di più antiquato, antieconomico e immorale si possa oggi concepire. Intervenire duramente sull’adolescente che delinque negandogli la possibilità di accedere ad un percorso riabilitativo mentre tanto ci si affanna a garantire l’immunità di quelli che esercitano le criminalità finanziaria e mentre ci si prepara a offrire occasioni perfino agli avvocati che si occupano della liberazione dei mafiosi significa dimostrare con la forza dei fatti che, in un paese governato dalla destra, la legge non ha nessun bisogno di essere uguale per tutti: per Castelli e per i suoi, come un tempo per i re e per i nobili, infatti, la legge deve essere forte con i deboli (quelli che non possono pagarsi gli avvocati, quelli che contano poco perché hanno poco peso economico e/o sociale) e debole con i forti (quelli che hanno soldi e/o potere).
Ma significa anche, e soprattutto, accettare l’idea per cui, una volta entrato nel circuito penale, l’adolescente deve essere spinto a restarci. Passando da un carcere all’altro. Apprendendo dagli adulti come si delinque meglio.
Perché altro non merita chi, senza avere il potere di quelli che possono permetterselo, commette un delitto: con ciò mostrando a tutti la sua vera natura e a tutti indicando il destino che (calvinisticamente) gli tocca.
Non voglio entrare qui sulle conseguenze, disastrose anche dal punto di vista economico, che questo tipo di scelta avrà, se passa, sull’amministrazione di quella che sarebbe arduo chiamare ancora giustizia. Per insistere, invece, sulla chiarezza con cui è necessario che la sinistra si muova su due equivoci fondamentali: quello legato alla necessità di fondare una qualsiasi riforma su una conoscenza approfondita della situazione reale su cui si vuole intervenire per riformare e quello legato alla necessità di prendere posizioni dure e chiare nei confronti di chi, dai suoi salotti televisivi, rende possibile la diffusione, senza contraddittorio reale, di idee antiquate, incivili, antidemocratiche. Smettendola di attaccare solo i politici e prendendo di petto con chiarezza anche i loro cortigiani. Senza troppo
preoccuparsi del rischio che forse si corre in questo modo: quello di non far più parte della cerchia di quelli che entrano nei “salotti buoni”.
Il pensiero più malinconico, leggendo la vostra lettera, riguarda il destino di tutto quello che è stato fatto in questi anni a favore di tanti adolescenti in difficoltà utilizzando le possibilità offerte dalla buona legge che oggi si vorrebbe “superare”. Costruire, mi viene da pensare, è sempre difficile e faticoso.
Distruggere è paurosamente semplice. Soprattutto se quelli che distruggono non si rendono conto fino in
fondo del numero di vite umane, di storie personali e familiari il cui corso sarà drammaticamente deviato da quello che viene presentato oggi come un normale atto amministrativo. Siamo (ancora) in democrazia, comunque, e il tentativo di evitare che questa ennesima stupidità si realizzi per davvero verrà fatto, io ne sono sicuro, fino in fondo.

PDF

About the author

admin:

0 Comments

Would you like to share your thoughts?

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Lascia un commento