La fecondazione assistita in Italia- l’Unità 29.12.11
Un primario ospedaliero del Bellunese intascava mazzette da 2.500 euro a volta da coppie con problemi di fertilità, per far saltare loro le liste d’attesa, passaggio obbligato ormai per molte prestazioni sanitarie, ma ancora più pesante e umiliante se si attende l’accesso alla procreazione assistita, ingabbiata e criminalizzata da una legge mostruosa, oscena e repressiva
ANDREA DI MEO
Il mercato degli interventi per la fecondazione assistita è un esempio importante del modo in cui una parte consistente della sanità italiana sta cadendo nelle mani di un privato sempre più rapace.
Il caso del primario di Belluno parla ancora di servizio pubblico, il disastro di tante altre città italiane è quello legato a un fiorire di studi privati facilitato dall’inerzia degli amministratori che bloccano le strutture con cuiil pubblico dovrebbe corrispondere al diritto delle coppie con problemi di infertilità. Un esempio per tutti è quello del Sant’Andrea, l’ospedale universitario di Roma pomposamente individuato dieci anni fa dalla Regione Lazio come punto di riferimento per una rete di strutture sostituite oggi da una miriade di centri in cui la fecondazione assistita viene offerta, soprattutto, al portafoglio degli utenti. Per l’eterologa, intanto, quelli che si organizzano sono i viaggi della speranza in Spagna, in Grecia o in Inghilterra e questo purtroppo è, in tanta parte del nostro Paese, la situazione di cui il primario di Belluno potrebbe essere il simbolo: triste ma tremendamente realistico
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