CANCRINI ‘IO E PALERMO’ LO ZEN, LA MAFIA E LA PRIMAVERA ‘ORA SI RESPIRA UN CLIMA NUOVO’

CANCRINI ‘IO E PALERMO’ LO ZEN, LA MAFIA E LA PRIMAVERA ‘ORA SI RESPIRA UN CLIMA NUOVO’

Ottobre 24, 2012 2011-2020, interventi 0

da La Repubblica 24.10.2012

di ELEONORA LOMBARDO

Era il 1989 quando Leoluca Orlando, per la prima volta sindaco di Palermo, si rivolse a Luigi Cancrini, psichiatra, deputato del Pci e fondatore del Centro studi di terapia familiare di Roma, per strutturare un piano sulla prevenzione della tossicodipendenza nei giovani. «Venti anni fa Palermo da questo punto di vista rappresentava il deserto. Esistevano i Sert, ma mancava totalmente una rete di servizi sociali per i minori, una rete che operasse a livello preventivo. In comune c’ era un solo assistente sociale che serviva tutta la città», racconta Cancrini, che ieri è tornato a Palermo per presentare il suo ultimo libro La cura delle infanzie infelici, Raffaello Cortina Editore. Un libro in cui si spiega l’ importanza di stare accanto ai bambini che soffrono nel tempo giusto, cioè mentre stanno soffrendo, e quanto sia urgente mettere in campo una solidarietà attiva per riconoscere le richieste di aiuto prima che il bambino infelice rimanga intrappolato dentro un adulto sofferente: «Così facendo nei prossimi venti anni avremmo meno tossicodipendenti, meno delitti, meno pazienti psichici». Il progetto Cancrini, Viva Palermo viva, fra il 1990 e il 1992, con l’ aiuto di persone come Giovanni Falcone, portò all’ apertura di dieci sportelli nei “quartieri bersaglio”, Zen, Brancaccio, Arenella, mettendo a disposizione del territori piccole equipe di ascolto e di aiuto. Una parte del progetto fu dedicata alla dispersione scolastica e riuscì a far tornare a scuola tutti i bambini che avevano disertato le elementari. Oggi quegli sportelli sono diventati i servizi sociali, di quell’ esperienza sono rimasti semi importanti. «Palermo è nella media delle grandi città italiane. Non è la Spagna, non è l’ Inghilterra, ma non ho l’ impressione che la Sicilia sia indietro in quanto a servizi sociali», dice Cancrini. Palermo, alcune volte lo si dimentica, va valutata come il mondo e non come un punto a parte dell’ universo: lo rivendicava a gran voce una studentessa dell’ Umberto durante il presidio di sabato scorso contro la violenza sulle donne organizzato dopo l’ omicidio di Carmela Petrucci. Commenta Cancrini: «L’ episodio di violenza che è accaduto a Palermo è atroce. Non conosco da vicino il caso e mi guarderò bene dall’ azzardare teorie, ma è chiaro che Samuele Caruso deve soffrire di uno squilibrio profondo se ha reagito così a una minaccia di abbandono. Il fatto che la sua realtà sia focalizzata su quello che vede e legge sulla rete è il segnale che si vive in una società in cui alberga una difficoltà a riconoscere e ad accettare i limiti». Se Palermo da un lato è il mondo, parte di una cultura globale, dall’ altro non si può non ammettere che debbano essere le città a fornirsi di luoghi di ascolto accessibili a tutti. «Bisogna cambiare le regole del gioco», dice lo psicoterapeuta, e aggiunge: «Penso soprattutto alla ragazza, a Lucia, l’ ex-fidanzata. Lei avrebbe dovuto sentirsi nelle condizioni di sicurezza per rivolgersi immediatamente a qualcuno. In Spagna c’ è una legge voluta dalle donne che di fronte a casi simili, di persecuzione, alla prima denuncia fa subito, immediatamente, intervenire la magistratura per far partire un programma di protezione. Ma forse neanche lei deve avere percepito la gravità della situazione». Là dove ci sono minacce bisogna chiedere aiuto, dunque. I luoghi di ascolto di una città sono i consultori, i centri di ascolto, anche le comunità religiose, Cancrini che è direttore scientifico delle Comunità terapeutiche di Saman (in Sicilia l’ unica è a Marsala), riconosce l’ enorme importanza delle strutture private che agiscono sul territorio. Poi, però, le città devono attivarsi per avere dei luoghi preposti a dare immediatamente aiuto. «E invece in questo momento di crisi si tende a risparmiare sui servizi, a chiudere i consultori. Una strategia perdente anche dal punto di vista economico perché così si finisce per pagare costi dieci, venti volte più elevati per fronteggiare le conseguenze determinate dall’ assenza di quegli stessi servizi». Sono passati oltre venti anni da quando Cancrini ha lavoratoa Palermo, ancora una volta come allora, la città è nelle mani del sindaco della Primavera e la sensazione è ancora quella di dovere cominciare dal deserto, daccapo, da zero. «Nella società palermitana ci sono sacche di resistenza “mafiosa”. Il mio lavoro è durato due anni e mezzo, anni in cui ho ricevuto la busta con il proiettile, il comunicato Ansa sulla mia morte. Quando il potere di una città non ti vuole te lo fa capire, dico il potere perché la gente mi faceva sentire molto benvoluto. Oggi a Palermo il clima è cambiato e un’ azione di riformismo forse potrebbe essere digerita più facilmente. Palermo oggi si presenta come una città più europea». Una città europea in cui la povertà pesa, anche più che altrove, dove spesso non c’ è alternativa fra la devianza dell’ illegalità e quella dell’ isolamento sociale, una città che si affida all’ entusiasmo perché non riconosce nessuna altra forma di risalita in superficie. «Se fossi più giovane tornerei molto volentieri a lavorare qui, per due motivi conclude Cancrini – Il primo è la bellezza straordinaria e improvvisa della città. Una bellezza che agisce sulla gente, sul funzionamento della mente. Il secondo è la vitalità delle persone che qui hanno un amore per la vita difficile da incontrare altrove. Riuscire a fare incontrare la volontà di vita con il bisogno di aiuto è il compito di una buona amministrazione».

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